Vent’anni fa moriva Paolo Borsellino; moriva verso le cinque, aspettando la madre ch’avrebbe accompagnato ad una visita di controllo; moriva perché in Via d’Amelio, tra le tante auto che non avrebbero dovuto essere parcheggiate lì, ce n’era una il cui cofano era un carico mortale di dinamite.

Nel giro di qualche mese Cosa Nostra s’era liberata dei due più ostinati magistrati che le avessero mai mosso guerra,  e poteva sentirsi soddisfatta; certo, per qualche tempo la stampa, e l’opinione pubblica, si sarebbero agitate come loro solito, ma nel Meridione certe cose finiscono in fretta.

Eppure.

Giovanni Falcone e Paolo Borsellino erano pienamente coscienti del destino che li avrebbe attesi, e ciononostante hanno compiuto il loro dovere fino alla fine, spinti da un amore verso lo Stato che è davvero difficile da comprendere. La loro dedizione, ancora più ammirevole se si considera i continui disagi che prima di tutto lo Stato, e la politica, hanno posto loro sulla strada, ha lasciato un segno impossibile da cancellare.

A sommo spregio della corruzione che da sempre ammala la Sicilia, “questa terra bellissima e disgraziata” come l’ha dipinta Borsellino nel suo ultimo noto discorso, a sommo spregio dell’omertà, dell’indifferenza, della paura, a sommo spregio del tradimento, il più grave e doloroso, di quegli uomini che nelle Istituzioni avrebbero dovuto favorire e proteggere il cammino dei due magistrati, e che invece li vendettero per pochi spiccioli, a sommo spregio di tutto ciò, l’eroismo e l’estrema dedizione dei due magistrati hanno dato l’avvio ad una presa di coscienza profonda, soprattutto tra i giovani, aprendo le porte ad un vento nuovo.

“Se la gioventù le negherà il consenso” aveva detto Borsellino, “anche l'onnipotente e misteriosa mafia svanirà come un incubo”.

Durante questi venti anni molte cose si sono mosse; la magistratura, rafforzata da una nuova, sentita vicinanza dell’opinione pubblica, ha potuto colpire sino ai vertici della Mafia, ha potuto recidere, almeno in parte, i legami schifosissimi tra la politica e la criminalità organizzata. Uomini e donne del meridione hanno cominciato a denunciare, a rifiutare di chiudere gli occhi.

Che il cammino sia ancora lungo, che una vera fine della Mafia sia poco probabile a vedersi, almeno per noi che viviamo questi giorni, è una verità assoluta; v’è la speranza, viva, che là dove le istituzioni repubblicane difettano per il congenito vizio di vigliaccheria e indifferenza, possano altri uomini e donne straordinari combattere e un giorno vincere, come hanno combattuto e vinto, almeno moralmente, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.

Domenico Marrazzo

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