Nonostante sia estate inoltrata le operazioni di sciacallaggio mediatico proseguono senza sosta. Lucrare facendo ascolti sulle disgrazie altrui è una vecchia abitudine degli organi di informazione italiani la cui origine si può collocare in un avvenimento del 1981, ovvero la caduta in un pozzo di Alfredo Rampi , un bambino di sei anni.
Questo nefasto avvenimento, che fu seguito con una diretta di 18 ore e su cui furono versati fiumi di inchiostro per giorni, ha dato origine alala cosiddetta "cronaca del dolore" e ad una conseguente dipendenza ad essa da parte dei cittadini. Un circolo vizioso a tutti gli effetti che nel corso dei decenni è sempre peggiorato fino a giungere alla totale assenza di ritegno e rispetto nei confronti dei protagonisti delle vicende in questione. 
Per anni tale sciacallaggio mediatico è stato caratterizzato dalla costante presenza all'interno di ogni telegiornale di servizi inerenti a casi di scomparse ed omicidi, che ne occupavano talvolta oltre la metà dell'intera durata, spesso con l assenza di veri e propri aggiornamenti sui fatti (tra i casi più noti : il delitto di Novi Ligure , il delitto di Cogne e la scomparsa dei fratelli di Gravina).
Nel 2010 c'è stata un'ulteriore svolta in avanti all'interno di questo squallido sistema , a farne da apripista è stato il "caso di Avetrana" seguito da quello di" Yara" fino ad arrivare all'"omicidio di Melania". I suddetti casi sono stati trattati oltre che dai già noti organi di informazione , anche da programmi televisivi creati ad arte come "Quarto grado" oppure da talk show come "la vita in diretta" ,"pomeriggio 5"o "L'arena" che sono stati trasformati da programmi leggeri a programmi di accanimento mediatico. Benché quasi sempre non ci fossero aggiornamenti rilevanti da comunicare sono state fatte dirette di intere ore con interviste a parenti delle vittime , presunti killer , amici , conoscenti o presunti tali a cui nella maggior parte dei casi sono state sottoposte domande che nulla avevano a che fare con l 'accaduto. Solitamente in queste trasmissioni si va a scavare nei dettagli della vita presente e passata degli interessati pur di ricavare materiale da vendere agli spettatori, ormai diventati fan di questi reality dell’orrore.
 
Nonostante la sospensione estiva di parte di alcuni di questi programmi , altri continuano imperterriti ad occuparsi di certi argomenti probabilmente per via del timore che possa calare l'interesse dei cittadini nei confronti di tali meccanismi e che magari questi inizino ad interessarsi ad argomenti "frivoli" o "superficiali" come politica, economia , sicurezza, sanità , istruzione e occupazione.
 
I colpevoli di tali fenomeni sono coloro che vogliono intontire i cittadini a loro vantaggio o i cittadini che si lasciano intontire senza replicare? E' giusto che ci si definisca giornalisti anche se quella che si sta vendendo non è una notizia? Domande che probabilmente rimarranno senza alcuna risposta...

Giovanni De Rosa

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