La costituzione repubblicana del 1948, la nostra costituzione, ha disegnato per l'Italia una architettura istituzionale decisamente equilibrata, prevedendo una equa ripartizione di poteri tra le diverse cariche dello Stato. Memori del Ventennio fascista, i nostri padri costituenti hanno ideato un complesso sistema di pesi e contrappesi con l'obiettivo dichiarato di evitare, nella figura di un'unica persona, una pericolosa concentrazione di potere. La nostra è una repubblica parlamentare: di fatto, il popolo trasmette la propria sovranità al parlamento, che la esercita non solo attraverso la diretta attività legislativa, ma anche eleggendo il presidente della repubblica e accordando la fiducia al governo. Questo delicato equilibrio è stato stravolto attraverso la legge elettorale “Porcellum”, disegnata dal leghista Roberto Calderoli e votata dalla maggioranza di centrodestra sul finire della legislatura 2001-2006. Il Porcellum, negando agli elettori il diritto di esprimere una preferenza per questo o quel parlamentare, trasferisce la sovranità popolare ai segretari di partito, responsabili della compilazione delle liste bloccate. Gli stessi segretari di partito, in caso di vittoria, entrano a far parte del nuovo governo: potendo determinare la elezione o meno di un deputato, il governo è così il diretto controllore del parlamento, invertendo il sistema costituzionale di controllo.

In quest'ottica, può destare qualche dubbio la proposta di riforma presidenziale annunciata da Angelino Alfano, segretario del Pdl: il modello proposto è quello francese, richiamando alla memoria le idee del padre costituente Pietro Calamandrei, che però era orientato verso il modello americano. Non si può dire, a priori, quale dei due sia quello più adatto all'Italia, però si può ragionare con franchezza sui “prerequisiti” che il sistema italiano deve possedere per una sua corretta applicazione.



1)    In primis, per il ragionamento sviluppato in precedenza, la legge elettorale deve consentire ai cittadini la scelta diretta dei propri parlamentari, attraverso il voto di preferenza. In entrambi i sistemi, infatti, il parlamento ha un ruolo determinante, potendo ricorrere alla sfiducia per il governo francese e all'impeachment per il presidente negli USA. Negli USA sono addirittura previste delle elezioni di mid-term (ossia di mezzo mandato) per assicurare, in caso di malgoverno, un maggiore controllo nei confronti del presidente da parte della sua opposizione parlamentare, che può di fatto diventare maggioranza. Anche in Francia non è detto che presidente e maggioranza siano dello stesso colore politico, perché le due elezioni sono divise (presidenziali e legislative).

2)    In secondo luogo, è necessario ridefinire i poteri e le prerogative del presidente della repubblica: attualmente, ad esempio, egli è anche il presidente del Consiglio Superiore della Magistratura. In caso di una sua elezione diretta, si determinerebbe una parziale commistione tra potere esecutivo e potere giudiziario, tenuti separati nel nostro ordinamento sulla scia di una tradizione che fa capo a Montesquieu.

3)    Nella ridefinizione dei poteri, bisogna abolire la legge Gasparri, che di fatto assicura alla potere esecutivo il controllo della Rai, rendendo la società indipendente dalla politica sul modello della BBC (http://www.linkiesta.it/blogs/la-pelle-di-zigrino/perche-la-rai-non-e-la-bbc). A questo si accompagna una doverosa necessità, cioè disegnare una legge seria e applicabile sul conflitto di interessi.



In quest'ottica è chiaro che i tempi a disposizione prima della scadenza naturale della legislatura sono risicatissimi, a meno che non si voglia fare un presidenzialismo “all'italiana”: pasticciato, squilibrato e antidemocratico.



Pietro Medio

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